Disintossichiamoci
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Scienza aperta: per la libertà dell'uso pubblico della ragione
L'università potrebbe pagare il suo debito verso i contribuenti rendendo accessibili a tutti i testi e i dati della ricerca pubblica. La valutazione di stato attuale rende difficile farlo perché:
- il valore del contenuto è fatto dipendere dal contenitore, vale a dire dalla rivista sanzionata dall'autorità amministrativa che lo "pubblica", solitamente ad accesso chiuso, a pagamento, e dai dati citazionali, reperibili in database proprietari (Scopus di Elsevier e Clarivate Analytics) smerciate da multinazionali il cui fine è il lucro;
- la legge italiana vigente sull'open access. risalente al 2013, impone agli enti di ricerca un obbligo teorico, senza sanzioni, e soprattutto non tocca la questione del copyright, che è solitamente ceduto ad editori commerciali.
Per ridare agli autori scientifici italiani la libertà di fare uso pubblico della ragione, basterebbe riconoscer loro un diritto già goduto dai colleghi tedeschi, belgi, olandesi e francesi: quello di mettere gratuitamente a disposizione del pubblico, dopo un intervallo non superiore a un anno, i loro testi editi. Si tratterebbe dunque di rendersi conto che l'attuale valutazione amministrativa centralizzata è contro il pubblico e di:
- approvare la proposta di legge Gallo com'è, ora arenata presso la commissione 7 al Senato, forse per la convinzione. poco fondata, che danneggi gli editori italiani
- proporsi di ampliarla in un prossimo futuro, estendendola alle monografie la cui pubblicazione è finanziata dal pubblico e riconoscendo all'autore la libertà di sottoporre il testo a licenze copyleft.
- applicare ai testi presentati nei concorsi la medesima trasparenza che è richiesta per le tesi di dottorato, per le quali, salvo eccezioni, è richiesto il deposito in un archivio pubblico.[1]
- ↑ Buona parte delle università italiane applicano infatti le linee guida stilate dalla Commissione Crui per l'accesso aperto.